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storia di due anime 73


applausi, dalla parentela Maresca, che riconosceva il costume curioso e pur semplice di brindare: silenzio glaciale da parte dei Dentale, che si stupivano di queste cose, degne di una cantina. E nessuno rispose ai brindisi, perchè lo sposo, imbarazzato e pensoso, nulla si levò a dire: poichè don Carluccio Dentale, assai diplomatico, sebbene caduto in miseria, avrebbe risposto a don Biagio Scafa, ma francamente, non voleva ringraziare gli altri due, Amoroso e Ursomando. Il pranzo finiva freddamente. Vi fu una ripresa di allegrezza, quando, man mano, prima la parentela di Maresca, sfacciatamente, poi la parentela Dentale, con ipocrita buona grazia, devastò i trionfi di paste, di pastarelle, di dolcetti, di bonbons, di castagne giulebbate, che ornavano le mense: ognuno se ne metteva nel fazzoletto, in una carta, anche in tasca, senz’altro, fra le smorfie di disprezzo dei camerieri di Esposito, che toglievano rapidamente le mense, con la prestezza dell’abitudine. In un quarto d’ora erano sparite stoviglie, cristalli, trionfi, tovaglie e tovagliuoli, persino le tavole, e una sfilata di facchini, per le scale, portava via tutto. In anticamera, chiamato dal suocero, Domenico Maresca dava le mancie al maestro di casa, ai camerieri, ai facchini: don Carluccio lo urtava col braccio, quando la somma gli sembrava meschina.

La musica era giunta e si ballava. Tre suonatori, un violino, una chitarra e un mandolino, tre di quei tipi miseri e affaticati di suonatori, si erano messi in un cantuccio, raccolti in triangolo, a