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76 storia di due anime


occupò più di lui. Egli guardava roteare le coppie e un po’ di vertigine che gli era venuta, in quelle tre o quattro precipitose giravolte che gli avevano fatto fare, cresceva: si faceva sempre più da parte, in un angolo, avendo caldo e bisogno di aria. Lo chiamarono; fuori era giunto, dalla scaletta di cucina, il gelatiere di Benvenuti, con tutto il suo carico di gelati, di spumoni, di formette, nelle ghiacciaie di legno e metallo, con canestre piene di piattini e di cucchiaini, con due uomini, un facchino ed un cameriere. Bisognava collocare questa roba, dare ordini, pagare. E in questo suo ufficio di pagatore, che era stato, poi, il più importante della sua giornata, Domenico Maresca si distrasse. Anzi restò qualche minuto, sulla loggetta della cucina. Un piccolo verone alto che dava alle spalle del palazzo Angiulli, da cui si vedevano le selve di case fitte, fitte, che discendevano verso strada Porto, verso il mare, e da cui l’occhio guardava l’angolo di paesaggio, ove il Vesuvio allunga lo sprone della sua montagna fiammeggiante. Questa loggetta era molto alta, a picco sovra la straduccola dei Mercanti: vi era, a diritta, un casottino di legno scurastro, con una porticella chiusa da un lucchetto, il solito cesso fuori delle terrazze napoletane. Vi erano, anche, una pianta di margherita, già coperta di quattro o cinque fiorellini, e una pianta di basilico odoroso. Lì fuori, lo sposo, respirò profondamente, sentì calmarsi la sua vertigine, placarsi il suo spirito inquieto. Un desiderio di pace, lo teneva tutto: il desiderio che