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774 nota bio-bibliografica

però il Sercambi, di solito informatissimo su quello che capita al Guinigi, passa sotto silenzio. Nelle Croniche, invece, nel narrare gli avvenimenti del 1392 e quelli che portarono al colpo di stato del 1400, egli insiste sull’impellente necessità di salvare la libertà di Lucca. Egli tenta così di giustificare le istituzioni signorili invocando lo stato di necessità ed il bene universale della Repubblica, venendosi così a trovare, e non sappiamo fino a qual punto inconsapevolmente, sulla linea della riflessione di Bartolo.

Nella Nota ai Guinigi, dunque, il Sercambi, evitando di affrontare una questione di diritto (che d’altra parte era fuori luogo, anche per il carattere programmatico che lo scritto doveva avere) ed evitando di riflettere sulla origine o legittimità delle istituzioni lucchesi, ricerca solo le misure utili al loro mantenimento e, riconoscendo la validità di certe norme della prassi ed assumendole come valide de facto, le applica alla situazione contemporanea degli affari lucchesi. Il Sercambi ci appare perciò come il primo teorico delle istituzioni signorili, un precursore del genio politico del Machiavelli e del Guicciardini dei Discorsi sul reggimento di Firenze.

Sul piano puramente storico, infine, la Nota indica come già alla fine del secolo xiv le istituzioni signorili avessero acquistata piena coscienza di sé e fossero giá impegnate a ricercare i mezzi necessari alla propria preservazione.

III. LE «CRONICHE DI LUCCA»


Le Croniche di Lucca sono l’opera più estesa del Sercambi, non solo per la vastità della materia ma anche per l’impegno che essa richiese dal cronista, il quale vi attese dal 1368 fino a qualche mese, o qualche giorno, prima della morte1. Le Croniche sono divise in due parti, la prima delle quali narra gli avvenimenti che vanno dal 1164 al 6 aprile del 1400, allorché il Sercambi aveva deciso di arrestarsi e non procedere

  1. L’ultima frase delle Croniche rimase infatti incompiuta. Il S. stava registrando la notizia della peste, scoppiata nel luglio del 1423 e di cui egli sarebbe morto da lì a qualche mese. Siccome egli aveva l’abitudine di notare i fatti dopo qualche mese da che erano accaduti, si può anche pensare che la frase rimasta in sospeso fosse stata scritta qualche giorno prima della sua fine.