Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/38

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CXXI


D>itta la novella e non essendo ancora l’ora della cena, per non perder tempo il proposto comandò che una canzonetta si dica con quelle melodie che siano piacevoli alla brigata, e ditta, si prenda una danza e così apresso alla cena se vada. Le cantarelle, udendo la volontà del proposto, comincionno a cantare in questo modo, cioè:

«Tu che biasmi altrui, guarda in te prima,
che altrui non dé biasmare chi sé non stima,
Condanni te per medesimo te
se tu di quel che <me> condanni pecchi;
e se tu di’: a l’opre non guardar di me,
ma ch’io al tuo ben dir fermi li orecchi,
dico che canti bene ma mal ti specchi
se sta’ nel vizio e vertù pregi in cima.
Quel dé voler ch’altrui dotrina dà,
mostrar di sé secondo il ben dir l’opre;
chi parla onesto e contro al suo dir fa,
di lui l’effetto la malizia scuopre.
Pognam che in bigio panno altrui ricopre
con melato parlar la sorda lima».

Come fu ditta la piacevole canzona, e’ danzatori preseno una danza e verso la cena che aparecchiata era se ne andarono, là u’ di vantagio cenarono. E cenato, stando alquanto s’andonno a posare.

E la mattina levati, e ’l proposto disse a l’altore che ordini