Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/124

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120 sermone decimosecondo.

     Che l’ombra della tua verga protegge,
     Tu fai del dipintor giudice il cieco.
     225Perchè ti sdegni? Dai remoti lidi,
     L’ire de’ venti impavida sfidando,
     Non partirà la dispiegata vela,
     Se del lungo vagar non la ristori
     Un raggio che da’ tuoi lidi l’appelli.
     230A che più tardi? L’indiscreta voglia,
     Ancor tardando, del cultor fomenti,
     E i pigri, ambizïosi, aurati sonni,
     Che il letto molle ed il purpureo nembo
     Di fresche rose e facili consola.
     235La plebe calca e insanguina le spine!
Quando preme l’inopia, a te non vola
     La vela velocissima coi venti,
     Se nella inospital terra si neghi
     Dal soffio infido di volubil aura
     240Libero varco e libero ritorno.
     Siccome l’acqua per opposta diga
     In livida palude si ristagna,
     Così la biada che al bisogno eccede
     In basso cade, e le speranze tronca
     245Dell’industre cultor, che ai noti solchi
     Toglie l’aratro; onde la magra plebe
     Fia che tra poco batta il dente asciutto.
     E ancor rimane coll’asciutto dente,
     Se la mèsse nativa all’uopo è scarsa,
     250Ed al soccorso timida si arretra
     La man, che dell’acuta unghia paventa
     Le dure strette e i temerari sfregi.
Dal tuo sillogizzar non ti rimove
     Il lume di ragion, cui mille e mille
     255Antichi e novi memorandi esempi
     Limpido specchio fanno a chi ben guardi. —