A sè le allegre genti, or fatto ameno
Il varïato e rapido lavoro,
Onde la scelta, il modo, il tempo spetti
Dettare all’infallibile e supremo 155Nume terrestre, ch’entro a folta nube
Ascoso, a un cenno del crollato capo,
Vedrà prostrarsi le soggette turbe.
Nè qui della stupenda opra compiuto
È il mirabile intreccio. Infeste gare 160Non sorgeranno a disturbare i sogni
Del fortunato eliso, ove ciascuno
Vivrà contento alla gioconda manna,
Che il benefico nume equo comparta.
Non più sui letti maritali infauste 165Tede risplenderan con fosca luce;
Chè il lascivetto amor di loco in loco,
Lieve agitando la volubil face,
Caccerà in fuga le gelose larve
E le cure pungenti. Alle felici 170Madri, deposto di lor grembo il pondo,
Pur si risparmi il vigilar molesto
Sugl’importuni figli, a cui provveda
Il portentoso Dio, che Stato ha nome.
All’alte maraviglie, oh! come umíle 175Il dispregiato vero incontro appare.
Chi primo di sudor bagna l’inculto
Terreno, che per lui di bionda mèsse
Ondeggia e ride, se ne coglie il frutto,
Delle fatiche sue degna mercede; 180Qual reca offesa all’invido compagno,
Che vive colle man sotto le ascelle?
D’ispidi dumi e di morte acque ingombra
Sarà di nuovo la deserta gleba,
Se alle rapaci voglie il fren si allenti