Guise dell’arti la gentil dovizia,
Degli uomini sostegno ed ornamento.
Lo scarso pane allor forse più grave
Renderà il desco delle accolte turbe, 90Cui del bisogno il pungolo vivace,
De’ lor cari l’affetto, e la speranza
Eguale all’opra il molle ozio non turbi?
Oh! di qual nebbia l’età nova ingombra
Le menti, dotta in fabbricar romanzi 95Più che sistemi, e i cardini del mondo
A minacciar, più che l’afflitte genti
A ricomporre con giustizia e fede.
Odio e livore seminasti, e côgli
Infamia e pianto, e per tuo mal disciolto 100Il freno al lusingar baldo e fallace
Colla mentita libertà ne adegui
A servaggio comun. Ma il duro tema
Omai si lasci, e al primo segno miri
Dirittamente del mio verso il dardo. 105Quale nocchier, che male esperto avvisi
Uno scoglio evitare e in altro offenda,
È l’uomo che del ben dello intelletto
Usar non sappia o ad abusar declini.
O sia che al saggio antivedere il varco 110Ignoranza gli chiuda, o sia che vinto
Dalla cieca libidine si prostri
Ove del vero lume il raggio è muto.
Tal di una razza immemore tu vedi
Il propagarsi con veloce vena, 115Che ai dissipati rivoli pur manca
Il dono di perenni e limpid’acque,
O ben disposto letto in cui si accolga
O s’indirizzi il fecondato corso.
Oh! quale di pietà senso m’accora