Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/41

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il commercio. 37

Ma se taluno a maneggiar si sforzi
40E la marra e la spola a un tempo, e l’ago
E la sega e il martel, mentre le carte
Nacque forse a vergar con fama eterna,
Oh! quanta gloria a se medesmo e quanto
Lume fura alle genti, e quanto scarsa
45Nell’ostinata, e improvvida tenzone
Avrà mercede delle lunghe veglie,
Dello sparso sudor, delle infelici
Opposte cure. I disparati arnesi,
Ozïosi talora e ingrati sempre,
50Male trattando con incerto nerbo
Di loco in loco, il sacrifizio certo
Andrà piangendo allor che l’ora scocchi,
Al fosco velo della tarda sera,
In cui lacero, stanco ed abbattuto
55Nelle squallide stanze entri, dal fischio
Non difeso dell’orrida bufera,
E sull’infido e barcollante scanno
Assiso guardi alla deserta mensa.
Come ogni terra a fecondare i semi
60Atta non è delle diverse piante,
Che dell’ardente Sol bevono i raggi,
O innamorate del benigno riso
Della tiepida zona aman di fiori
Nel verde maggio incoronar le chiome,
65O della scorza rigida riparo
Fanno agl’insulti della fredda bruma;
Così di tempra e d’indole diversi,
In vario di fortuna ordine posti,
Gli uomini sono per natura acconci,
70E dalla sorte apparecchiati a varie
Prove sublimi od umili fatiche,
Di sprezzo no, ma d’onoranza degne,