95Novelli bruti a volgere dannati
Col braccio scarno la mola petrosa
Stritolando le biade inaridite,
Onde una scarsa e livida focaccia,
Che di lungo sudore ebbero molti 100E di crudeli lagrime bagnata,
Alla mensa di pochi era mal presta?
Ora, cessato il doloroso strazio
Delle turbe infelici, all’aure e all’onde
Quelle incalzando le gonfiate vele, 105Queste spingendo le rotanti pinne,
Con volubile gioco in poco d’ora
A servigio comun di compier dato
È l’opra, a cui di mille e mille schiavi
Vano sarebbe il travagliare eterno. 110Forse dirai, che il garrulo carretto,
Il vomere, la falce, il coreggiato,
Il vaglio irrequïeto e la focosa
Macina fûro alle smarrite genti
Quasi presagio di feral cometa? 115Ma delle nove più soavi e care,
Di frutti salutevoli feconde,
Industri cure che la nova etade
Produsse e migliorò, duolsi talora
E mormora colui, ch’entro la cerchia 120Del momento che fugge il guardo serra.
In preda getta alle voraci fiamme
I rusticali arnesi, e la deserta
Squallida gleba a sè tutte richiami
Le braccia alle fabbrili arti devote. 125Indi avara mercè rende alle voglie
Dell’affannosa turba, che allo stremo
Per lo stremato pasto si riduce.
Ma le ridona i rusticali arnesi;