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la reazione 221


azione, e non poteva patire le chiacchiere degli avvocati: era un uffiziale dell’esercito, e si sentiva ardere il cuore alle ingiurie e contumelie che i siciliani gettavano su tutti i soldati napoletani chiamandoli vigliacchi e sgherri e infami: era liberale, ma diceva che egli era nemico di quella libertá che in Sicilia faceva bollire in una pignatta la carne dei soldati uccisi, e mangiarla con la pasta. E se l’Andruzzi diceva questo, che pur troppo era vero, che dovevano dire gli altri uffiziali, e soldati stessi? erano non pure sdegnati, ma inferociti, e fecero cose orrende. Chi sa come sono fatti gli uomini, e come vengono in furore non tanto per ferite e morti che si dánno, quanto per le ingiurie che si scagliano, le quali pungono con dolore minuto, fitto, continuo, spiegherá come i soldati napoletani non vollero seguire il Pepe, e corsero in Sicilia e combatterono con accanimento e ferocia contro i cittadini. Fa piú male la lingua che il coltello. Troppo tardi si vide che non si doveva offendere con le parole chi aveva le armi in mano. E i siciliani in ingiurie trasmodarono piú che i napoletani, e piú patirono. No, io non dirò mai quello che si è detto, ed è stata l’ultima calunnia, che l’esercito napoletano era un branco di vigliacchi feroci. Era un esercito come tutti gli altri, come il piemontese, come l’austriaco, come il francese, ubbidiva al re, aveva piena fede nel re, e questa è virtú e forza in un esercito; fece quello che tutti gli eserciti del re hanno fatto nel mondo: la colpa fu nostra che lo inasprimmo con parole ingiuriose come fanno le femminette: fu nostra colpa che facemmo come il cane che morde la pietra non la mano che l’ha scagliata. Povero esercito napoletano, ingiuriato e calunniato da noi stessi! Le vittorie si attribuiscono giustamente al capitano, che è la mente motrice delle mille braccia; e perché le sconfitte, e le male azioni non si debbono attribuire anche al capitano? a quella mente suprema che se è perversa pervertisce tutti?