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Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/112

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106 parte terza - capitolo xxviii [392]


un portafoglio nel quale erano alcune carte dove il giovane scriveva di sua mano i conti della campagna, quanti buoi, quante pecore, quanti lavoratori aveva: erano una canzoncina scritta da suo fratello Ciro, una immagine della beata Vergine, un calamaio, un pettine, uno specchio. Il giudice trovando questi oggetti, disse: «Questo giovane era un santo». Le ossa, le vesti, il portafoglio furono portati in Castrovillari, riconosciuta ogni cosa dai parenti. Sepolte le poche reliquie, sono stati scoperti gli assassini, è cominciato il processo.

La famiglia di Gennarino col lavoro del padre e col senno dello zio prete ha acquistata una certa comoditá nel suo paesello: ed il giovane Luciano con le stesse arti del padre suo, col lavoro, con la buona fede, con la semplicitá di costumi, s’era acquistata la generale benevolenza. Non armi, non intrighi, non nimicizie, non amorazzi: ma campagna casa e chiesa, questo era il mondo per lui. Due ribaldi del paese, fatta una combriccola con altri di paeselli vicini, pensano che da questa famiglia possono prendere molto danaro e nulla temere, come da gente quieta ed innocente. E messo ad effetto facilmente lo scellerato pensiero, ed avuto il danaro uccidono il disgraziato giovane, il quale li conosceva quasi tutti, ed era stato compagno della fanciullezza. E questa è stata la cagione dello scellerato assassinio. Il buon giovane è stato compianto da quanti lo conoscevano, o n’hanno udito parlare.

Il mio povero amico ha pianto a leggere la lunga e dolorosa lettera, ed ha fatto piangere anche me: ma egli giá sapeva la sua disgrazia da un’altra breve e terribile lettera scritta ad un suo paesano che è nell’ergastolo, dalla moglie. Ei non pianse a leggere quella lettera, ma lo vidi far pallido come un cadavere, impietrire gli occhi, stendere la mano quasi additando qualche cosa, e profferire certe parole albanesi. Ei vedeva le ossa del fratello, e quel teschio traforato e spezzato sotto il roveto; quelle ossa, ei mi dice, gli stanno sempre innanzi agli occhi. Gli fummo tutti intorno: ma chi poteva consolare quel dolore muto e profondo? Egli amava questo fratello tenerissimamente, egli m’aveva parlato tante