Pagina:Slataper - Il mio carso, 1912.djvu/86

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sicurezza piantona a passi larghi. Vicino ai fanali senti il fruscio del gas ch’esce dal beccuccio. Un tratto di luce; la tua ombra cammina davanti a te, poi si smarrisce un poco; una seconda ti segue; si fa piccola, s’avvicina, eguale a te. Ti puoi fermare, sdraiarti su lei, nel lastricato della città, e dormire anche tu. Ma puoi anche andare avanti, svoltare a sinistra o a destra, è indifferente. Ora sei in mezzo a una puzza di petrolio bruciato; poi quando questa zona finisce comincia la ventata calda di grasso dalla cucina d’un albergo. Tu puoi camminare fino all’alba per la città zitta, mentre la polvere cala lenta per terra.



Piove. È una giornata lunga. Il campanello suona: entra Guido, lascia cader l’ombrello nel portombrelli, va in camera sua, butta giù i libri, va a mangiare. Mamma passa piano vicino la mia porta perchè spera io riposi.

Il giorno s’allunga eguale e infinito.

Un carro traballa lento per la strada. Odo picchiare su ferro. I colombi tubano sul cornicione della casa. Non so che sarà della mia vita.



Due uomini passano vicino e si salutano levandosi il cappello. Uno ha un viso triangolare, tutt’ossi, con occhi stanchi e erranti; l’altro cammina a piccoli passi svelti, tutto