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Sonetti del 1834 435

convento di S. Maria della Scala, il quale dinanzi a notaio e testimoni rivelò la confessione che la Duchessa gli aveva fatto, nel maggio 1807 (poco dopo la nascita di don Lorenzo), del suo peccato. Ma queste due prove, che dovevano schiacciare il povero don Lorenzo, furono invece la sua salvezza. Il vecchio Marchal, da buon gentiluomo, dichiarò dal fondo delle sue terre in Russia, che egli aveva avuto bensì dimestichezza con la Duchessa, ma nei limiti dell’onestà; che del resto essa era sempre in buona relazione col marito. La rivelazione poi della confessione strappò un grido di riprovazione alla coscienza pubblica, che si rivoltò contro Torlonia, la madre e il frate. La Rota, seguendo l’antico dettato della giurisprudenza romana che dichiara: pater est quem iustae nuptiae demonstrant, sentenziò che don Lorenzo era figlio legittimo di don Francesco Sforza-Cesarini ed erede di suo fratello don Salvatore.„ Silvagni, Op. cit., vol. III, cap. IV.]      2 Da ristare. [Col viso affilato, cioè "lungo, brutto.„]      3 Si.      4 [Al quoniam]: allo sviluppo, agli estremi.      5 Alludesi alla nefanda opera della viziatura di un libro parrocchiale, onde farvi comparire morto fin da bambino l’odierno pretendente della paterna eredità Sforza-Cesarini.


Annotazione al verso 14

Il nostro buon romanesco parlava così all’epoca della terza proposizione rotale, la prima cioè del secondo turno del Tribunale della Rota, già essendosi dal pretendente don Lorenzo ottenute due decisioni favorevoli ed un expediatur dal primo turao. Il 22 giugno però del 1835, dovendosi riprodurre la causa per l’ultima e finale decisione, comparve il seguente sonetto di autore a noi cognitissimo. Noi lo riportiamo qui siccome un complemento alle notizie di questo turpe litigio. [S’intende già che il sonetto è del Belli; e in un’altra copia, anch’essa di suo pugno, porta la data del 26 maggio 1835.]

     Sotto gli auspici di cotal1 che adorna,
Bestemmiando, l’umano col divino,
Nell’arena rotai Giulio Sforzino2
La quarta volta a battagliar ritoma.

     Creda il mondo però, seppur non torna
Lo inchiostro in latte e i’ acqua fresca in vino,
Che don Giulio, e donn’Anna e don Marino3
Saran disfatti e n’avran mazza e coma.

     E tempo è ben che cessi il vitupero
Di madri e di sorelle snaturate,
Che infaman sé per oifuscare il vero.

     Oh Giudici di Dio, voi lo salvate,
Ributtando il rossor dell’adultero
Sull’avarizia, e sul mentir d’un frate.4

  1. Il conte Monaldo Leopardi di Recanati, autore del famoso opuscolo intitolato Appendice alla Causa celebre, dove paragona in certo modo la veracità della duchessa Gertrude Sforza e quella della Beata Vergine sul fatto del loro concepimento. [Il Leopardi aveva già stampato anche un altro opuscolo in difesa de' Torlonia. Le parole dell' Appendice, a cui il Belli allude, son queste: "La stessa religione augustissima è grandemente appoggiata sulla deposizione di due coniugi; e, rifiutata la loro testimonianza, mancherebbe tra gli atti umani il principale documento della religione cristiana. Conciossiachè i Profeti scrissero: Ucce Virgo conciinet, ma le profezie languirebbero discreditate, se non si dimostrasse il loro avveramento; e Maria e Giuseppe sono tra gli uomini i soli testimoni della incarnazione immacolata del Verbo.„ Lo scandalo prodotto da queste parole, che il conte Monaldo dovette subito ritrattare amplissimamente, può argomentarsi da quanto gliene scriveva con onesta franchezza il padre Roothaan gesuita e suo amicissimo: ".... parmi impossibile che tali cose siano potute uscire dalla penna sì religiosa e sì giudiziosa dell' ottimo mio conte Leopardi .... Il veder mischiarsi ciò che v' ha di più santo e di più puro, in quella causa puzzolente (perdoni il termine), fa ribrezzo.„ Cfr. Avoli, Autobiografia di M. Leopardi; Roma, 1883; pag. 375-86.]
  2. Don Giulio Torlonia, nipote, pel lato materno, dell’ultimo duca Salvatore Sforza, il quale lo istituì erede in pregiudizio del proprio fratello Lorenzo, dichiarato bastardo. I commensali de’ Torlonia si dilettano di chiamarlo lusinghevolmente il piccolo Sforza, di che viene Sforzino.
  3. Anna Sforza e Marino Torlonia, genitori dello Sforzino.
  4. Il molto reverendo padre Pier Luigi dell’Angiolo Custode, carmelitano scalzo (fratello di Enrico Giuliani, odierno drudo o marito di coscienza della vecchia duchessa Gertrude), il qviale rivelò un’antica confessione della buona damai onde col consenso di lei fondare la miglior prova del concejnmento adulterino del di lei figlio Lorenzo.