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Sonetti del 1833 65


LA DILIGGENZA NOVA.

     Io, dijje1 a cquela testa de cucuzza2
De la spósa der fijjo de Vincenza,
Ch’ho vviaggiato una vorta in diliggenza
Inzin’a un po’ ppiù in zu dde la Merluzza.3

     E cche llì bbisoggnava, co’ lliscenza,
Tiené le chiappe, pe’ ssentì cche ppuzza
De vacchetta e vvernisce! E llei sce ruzza4
A scramà5 cche la pippa è una schifenza.

     Tre ggiorni prima che lle’ usscissi in zanti,6
Je s’incordò la panza p’er sospetto
Ch’io je fuss’ito co’ un zicàrio7 avanti.

     Pènzete8 dunque che ssarìa de lei,
Si jj’entrassi9 de posta10 sott’ar letto
La diliggenza mia cór tir’a ssei.

Roma, 27 maggio 1833.

  1. Digli, per “dille.„
  2. [Di zucca.]
  3. Luogo a quindici miglia da Roma, sulla Via... [Cassia].
  4. Ci scherza.
  5. Esclamare.
  6. Che ella uscisse in sanctis. Le donne, dopo i quaranta giorni del puerperio, vanno a farsi purificare in chiesa coll’acqua-santa, di cui il prete le asperge dietro la offerta di una candela, succéssa all’antico paio di colombe: e ciò chiamasi uscire in sanctis. Per tutto il lasso del detto puerperio, le romane almeno, non possono patire odori di sorta, senza grave rischio di vita, al che contribuisce spesso la fantasia.
  7. Sigaro, zigaro o cigaro.
  8. Pènsati.
  9. Se gli (le) entrasse.
  10. Tutto ad un tratto.