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394 sotto il velame


E l’altro gli dice che fu, dopo il lume di Dio, una lucerna che Virgilio stesso teneva, ma dietro sè! A Virgilio quel dono era mancato. La conversazione continua tra i due; e Dante1

                                   ascoltava i lor sermoni
             ch’a poetar gli davano intelletto.

E vedono l’albero della vita e poi l’albero della conoscenza del bene e del male. E di qui innanzi di fame e di cibo e di vivande e anche bevande si parla a ogni tratto; come è naturale, trattandosi della colpa della gola punita con l’odore di quei primi dolci pomi. E mentre continua questo dubbiare e questo ingannarsi e questo ricredersi, sì che Dante non crederebbe che “l’odor d’un pomo sì governasse„, e ammira “per la ragione ancor non manifesta„, e non avrebbe riconosciuto al viso e sì lo riconosce alla voce, il suo Forese, e Forese chiede a lui delle due ombre, ed esso all’altro, “che sì lo spoglia„, e Dante avrebbe pensato “trovar laggiù di sotto„ l’amico; e l’amico non sa rendersi conto dell’andar di Dante, “che gli si cela„, e Bonagiunta, che riconosce in Dante colui che cantò “donne che avete intelletto d’amore„, solo ora, issa, vede il nodo che lo ritenne fuori del dolce stil nuovo; si giunge all’altro albero, del bene e del male, e la gente prega verso lui, come bramosi fantolini, e poi si parte “come ricreduta„. Un inganno, dunque, ancor quivi; e tale che bene fa vedere il nesso tra la colpa della gola e il dono dell’intelletto. Chè gli alberi sono due: quel della vita e quel della scienza

  1. Purg. XXII 128 seg.