Pagina:Sotto il velame.djvu/453

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la fonte prima 431

passioni, e sedano i tumulti delle esterne occupazioni. Così, le virtù morali “dispositivantente„ pertengono alla vita contemplativa„.1 Sicchè Dante, nel suo discendere per il baratro e nel suo salire per il monte, si è venuto disponendo alla vita contemplativa, mortificando le passioni e facendosi forte contro i tumulti esterni. E così ha fatto cosa che pertiene a contemplazione. Il che è chiaro dal raffronto di tutte le due cantiche a questo luogo d’Isidoro riportato nella Somma:2 “Nella vita attiva prima mediante l’esercizio del bene si devono esaurire tutti i vizi, affinchè l’uomo, nella contemplativa, già trapassi a contemplare il lume divino con pura la vista (acie) della mente„. E noi abbiamo veduto che Dante purifica il cuore, cioè la vista, dall’ultima traccia di vizio, temprandolo attraverso il fuoco; sì che poi diventa acuto a vedere, cioè a contemplare. Or questo significa Dante con un di quei suoi modi ch’egli, se di là attende al destino del Poema Sacro, che lasciò senza comento, e così tale che la sua sentenza difficilmente si sarebbe potuta intendere, perchè esso non la contò; egli deve meravigliosamente godere che si trovi e si dichiari. È questo. Simbolo della vita attiva è Lia. E Lia appare in sogno al Poeta, quando già è passato attraverso le fiamme ed ha acuito l’occhio alla visione.3 Il sogno, come quello che è apparso nell’ora in cui la mente è divina, annunzia una verace apparizione. Di lì a poco Dante vede Matelda. Matelda significa per certo ciò che Lia. Lia nel sogno va “cogliendo fiori„ e canta;

  1. Summa 180, 2.
  2. ib. 181, 1. De summ. bon. III 15
  3. Purg. XXVII 97 segg.