Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/99

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   74 libro secondo

Locri. Cotesti menati in Reggio furono riconosciuti da que’ magnati Locresi, che come vedemmo vi si erano ricoverati quando li costrinse a fuggirsi da Locri l’avversa fazione che aveva tradito ad Annibale la loro patria. Ed interrogali del come stessero le cose interne di quella città, dettero speranza che se loro si prometteva di rimandarli in libertà, avrebbero praticato la restituzione di Locri ai Romani. Per la qual cosa condotti senza dimora in Siracusa da parecchi esuli Locresi, ripeterono alla presenza di Scipione le loro profferte. Ed il console, non volendo pretermettere quella congiuntura che poteva partorir buono effetto, accolse con lieto animo le parole de’ prigionieri. Ed indettatosi con quelli del modo di condurre la cosa, e divisato il tempo ed i segni, onde aveva a maturarsi, concedette loro la chiesta libertà, perchè si riconducessero in Locri ad attener la loro compromissione. Nel tempo stesso spacciò in Reggio i due tribuni militari Marco Sergio e Publio Malieno, acciocchè da quivi facessero muovere tremila soldati per Locri. Ed ordinò altresì in Reggio al propretore Quinto Pleminio che prestasse ogni suo concorso al bisogno. Furono preparate a tale uopo scale che dessero all’altezza della rocca locrese, e queste colà trasportate da’ soldati. Era già buona pezza di notte, quando i Romani giungevano da Reggio sotto le mura di Locri, così quatti quatti, ed in profondo silenzio. E come fu tempo, scambiati i segni cogli operai locresi, che già si mostravano di su la rocca, di primo lancio fu fatto impeto sulle scolte, i cui gemiti corsi alle orecchie dei loro compagni, ingenerarono un’indicibile costernazione, e tutto fu confusione e tumulto. A niuno di que’ di dentro era aperta la cagione del caso; e quando si accorsero che le dette scolte giacevano morte, il nemico era già salito a man salva: allora il dar all’armi, l’apprestarsi alla difesa, e l’ordinarsi alla pugna, fu tutt’uno. E certo i Romani, pochi ancora di numero, sarebbero stati accoppati, se le tumultuarie grida di quelli che rinfusi fuori della fortezza non sapevano che dirsi e che farsi, non facessero andato ogni vigoroso e risoluto proponimento. Sicchè, reputando i Cartaginesi che già la rocca fosse in balia de’ nemici, come più presto potettero la sgomberarono, e si ritrassero nell’altra rocca, che restava ivi a non molta distanza.

In tal maniera delle due rocche di Locri una era tenuta da Amilcare col presidio cartaginese, l’altra da Quinto Pleminio col presidio romano. La città rimaneva in potere de’ cittadini; premio a quale de’ due nemici vincesse. Quotidiane erano le reciproche ingiurie che si rimandavano Romani e Cartaginesi; ma come tosto Annibale intese l’avvenuto, vi accorse in ajuto de’ suoi. E sarebbe suc-