Pagina:Specchio di vera penitenza.djvu/50

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22 distinzione seconda. - cap. iv.

CAPITOLO QUARTO.


Dove si dimostra come la pazienzia e la benignità di Dio c’induce a penitenzia.


La quarta cosa che c’induce a fare penitenzia, e tosto sanza indugio, è la pazienzia e la benignità di Dio; la quale ci sostiene e aspettaci e chiamaci; e noí villanamente la sprezziamo, e facciáncene beffe e strazio. Onde doverremmo più tosto in ver’ lui arrenderci, e, umiliandoci, servirlo e amarlo; e noi, come ma’ servi, ingrati, superbi e protervi, la benignità di Dio usiamo male, e pigliamo sicurtà d’offenderlo, perch’egli è buono. Onde san Paolo riprende ciascuno che non s’arrende alla benignità di Dio, ma protervamente lo contasta e spregia, e dice: An ignoras quod benignitas Dei ad pœnitentiam te adducit? An divitias bonitatis eius et longanimitatis contemnis? etc. Or non sa’ tu, dice l’Apostolo, peccatore protervo, che la benignità di Dio t’induce a penitenzia? O isvergognato, ispregi tu l’abbondanza della bontà e della sua pazienzia, colla quale t’aspetta? Or non t’avvedi tu quello che tu fai, secondo la durezza tua, e ’l quore pertinace, che non si pente? Rauni tu l’ira di Dio contro a te, la quale egli ti mostrerrà il dì del suo iusto iudicio, quando renderà a ciascuno l’opere sue. E però, se noi considerassimo bene e con diligenzia quanto beneficio è quello che Dio ci aspetta;1 e che s’egli ci togliesse il tempo che ci dà acciò che facciamo penitenzia, e giudicasseci secondo l’opere nostre, come noi saremmo a mal punto e male arrivati; noi ci vergogneremmo della nostra ingratitudine verso la bontà di Dio, e d’avere male speso il tempo ch’ e’ ci ha dato. Chè, come dice san Gregorio: Se noi non vogliamo temere la divina giustizia, almeno ci doverremmo vergognare

  1. Con più regolare costrutto, la stampa del primo secolo: che Dio ci fa aspettandoci.