Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
poi in compagnia del suo amante, quasi alla vigilia d’essere sua per sempre; in quel momenti di malinconia voluttuosa, agitati dal fremito della passione.
I raggi obliqui del sole vicino a tramontare passavano sotto i rami delle alte querele e andavano a specchiarsi nell’acqua, che prendeva certi riflessi metallici, come di bronzo fuso.
Emilia si chinò e colse uno di que’ piccoli fiorellini celesti che crescono vicino all’acqua. I tedeschi li chiamano Vergiss mein nicht.
— Tieni — disse, porgendolo a Cesare — tieni e non ti scordar di me, mai!
— Scordarmi di te, angelo mio! Prima mi scorderei di me stesso: senza di te non vivrei.
E i loro occhi si fissarono intensamente, e le loro labbra si unirono,
— No, tu non puoi tradirmi, disse Emilia, rispondendo a uno di quei vaghi terrori dell’anima, che la assalivano qualche volta nelle ore più belle: i tuoi occhi sono sereni e limpidi: dubiterei che anche mia madre non mi avrebbe amata se dubitassi di te. Mio zio ha fatto quanto poteva per rendenti scettica e cinica: ma l’amore e la fede sono nati insieme: lui non deve avere amato mai; per questo non crede a nulla.