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signor Arturo? esclamò la ragazza metà in collera e metà ridendo, tanto le pareva buffa l’idea. È un pedante intollerabile e nello stesso tempo uno zotico. Senti questa, fresca fresca di ieri, che ti farà ridere. Eravamo in giardino con zio Luigi che fumava la sua pipa e leggeva i giornali. Io annaffiavo i miei fiori e il signor Arturo me ne voleva spiegare il linguaggio secondo un suo sistema particolare.

— Vede questa gaggìa, mi disse, che china il capo verso quella verbena? È l’immagine d’un uomo serio innamorato d’una fanciulla che finge di non comprenderlo. — Vede quel tulipano? gli rispos’io di rimando. È l'immagine d’un pedante vanaglorioso come lei....

Non gliel' avessi mai detto! Andò sulle furie e s’assise indispettito sopra una panchina, nascondendo il capo tra le mani.

Io seguitai a annaffiare i miei fiori, guardandolo però di sottecchi. All’atteggiamento mi pareva che piangesse. A dirla ci avevo un po’ di dispiacere, perchè, in fondo, cattivo non è. Feci un’altra giratina e me gli trovai di faccia.... indovina un po’ il che faceva?

— Non saprei; ripeteva le regole della grammatica? disse Cesare tra l’agro e il dolce.