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negli occhi di lei. Come l’amava! non osava più neanche dirglielo. Si contentava di vederla, poichè questo almeno gli era concesso a tutte le ore, ed era quasi felice di morire per lei. Un po’ sperava Sempre, s’intende. Bastava che gli sorridesse con un po’ d’espansione, o che gli abbandonasse la sua bella mano, la speranza rinasceva subito in fondo al suo cuore. Quella mattina era appunto di una bontà affatto nuova per lui. Lo guardava con certi occhi, che lui si sentiva tutto mutato e pieno di ardire.


In questo tempo arrivò Cesare.

Fu pregato d’aspettare in anticamera. Ma una semplice portiera di stoffa divideva quell’anticamera dal salottino.

Appena seduto, incapace ancora di raffrenare i battiti impazienti del suo cuore, egli fu scosso da uno strano bisbiglio. Era un concerto armonioso di parole dolci e sommesse, di caldi sospiri e di baci: una musica celestiale, che agli orecchi di Cesare faceva l’effetto di una musica assurda, di una musica stonata.

A un tratto gli parve che la cosa prendesse proporzioni veramente allarmanti.