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— Subito, zio; cos’è? — rispondeva Emilia, scrivendo il suo nome senza guardare.

— Ah, una cosa da nulla: gli è il conto del semestre. Sai, voglio mandarlo al pretore come faccio sempre per tutte le buone regole. Anche questa di farti firmare a te non è che una formalità. Ma nella delicatezza della mia coscienza voglio essere garantito mettendoti a giorno di tutto.

Dopo ciò, dunque il malumore cagionatogli dalla visita dell’usciere non aveva lasciato traccia sul suo viso di satiro. L’ingenua condiscendenza della nipote, il rispetto ch’ella dimostrava per la sua coscienza illibata, avevano giustamente calmato le sue inquietudini e lisciate le grinze della sua fronte.

Ahimè! la nipote veramente non sentiva un rispetto molto profondo per quella coscienza che non le pareva tanto illibata. Prima di rendere il foglio al tutore, mentr’egli recitava la sua parlatina giustificativa, la ragazza ci aveva gettato un’occhiata, e una cifra, enorme per un conto semestrale, l’aveva colpita.

Eppure non aveva osato parlare.

Emilia non compiva ancora i diciasett’anni, e provava in sè quella repugnanza invincibile che un animo giovane e ben fatto prova sempre davanti