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stimava suo dovere di fare. Aveva preso moglie, conformandosi in tutte alle tradizioni de’ suoi antenati.

Ma appena accomodata la faccenda dell’erede, quel brav’uomo aveva voluto escire dalle pastoie del matrimonio; ma senza scandali e senza scene. Tradizione anche questa.

Sotto pretesto dell’aria e di poca salute la nobile donna cui aveva affidato l’alta missione d’aiutarlo a propagare la sua stirpe, era andata ad abitare un paesello poco distante dalle sue terre. Il figliuolo comune, passava l’estate col padre, l’inverno colla madre. Del resto il conte era un perfetto cavaliere verso sua moglie; l’andava a trovare tutte le domeniche, e tanto a Natale che a Pasqua, pranzavano sempre insieme. La gentil donna passava il tempo a fare molto carità, a ricever visite d’ogni classe di persone, a dar delle feste e a colmar di carrezze, il suo figlioletto. Finchè, un bel giorno, morì, e un funerale di primo rango, non meno che una bella epigrafe sulla sua tomba nella cappella riservata della famiglia, attestarono al mondo la tenera affezione del marito, e la vita esemplare e felice che aveva vissuto al suo fianco.

Altri anni passarono. L’erede adorato andò all’università.