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subito che non poteva riuscire. La bimba aveva il gusto squisito, l’intellettualità delicata; disgraziatamente la sua pazienza si frangeva contro le difficoltà materiali. Non poteva studiare. Era un ingegno selvaggio. Faceva inutilmente sforzi inauditi per non dispiacere al «suo caro babbo» L’applicazione la rendeva ammalata. Lo sforzo la paralizzava. Non capiva più niente: pareva una cretina. Non perdeva però la coscienza della propria incapacità e se ne addolorava grandemente.

Leopoldo andava in collera qualche volta; poi si inteneriva e faceva di tutto per consolarla.

L’insegnamento musicale fu messo da parte. Ma ella continuò a passare ore ed ore presso all’organo e al pianoforte quando il babbo suonava.

Poi quando era sola, canticchiava a mezza voce i motivi più melodici con molta espressione e giustezza.

Imparò a leggere e a scrivere con grande facilità. La grammatica, la storia, la dottrina cristiana e l’aritmetica la trovarono riluttante. Imparò invece a parlare l’italiano benissimo, e in breve tempo, sebbene