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Traversò piazza Castello quasi deserta; passò il ponte e entrò nel palazzo di un passo fermo.
La vista dello scalone a cordonata, poderoso e sinistro, sotto l’altissimo soffitto nero, con gli enormi ragnateli pendenti e la polvere ammucchiata da per tutto, la respinse indietro, ridestando tutti i suoi terrori.
La voce interna le gridava di fuggite.
Sentì un rumore di passi e di parole, che venivano dalla porta aperta dell’ufficio, in capo alla scala. L’usciere scendeva con un fascio di fogli in mano e il cancelliere si sporgeva sul pianerottolo per ripetere e spiegare alcuni ordini.
— O, signorina Mandelli — fece l’usciere scorgendola. — Cerca la Teresa, eh?... Mi dispiace, ma è fuori per tutto il giorno: è andata in campagna: anche il portiere è fuori.
— Signorina Emma! — esclamava a sua volta il Brussieri.
— Non vada via, la prego; ho urgente bisogno di parlarle; volevo appunto scriverle.... Abbia la bontà di salire un momento.
Ella titubò. Ma non osò mostrarsi paurosa e diffidente agli occhi dell’usciere che se ne andava tranquillo, salutandola.
Si decise a salire.
— Che cosa voleva scrivermi, signor Brussieri?
— Desideravo sapere da lei la verità vera sullo