Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 246 — |
Interpretando quell’atto in senso contrario, Cleofe si sentì mancare.
– Non adirarti – balbettò – abbi pietà!
E rimase come impietrita, afferrandosi al letto per non cadere.
Egli era vinto.
Le terribili agitazioni per le quali era passato nel volgere di poche ore; lo sforzo fatto per dominarsi, e quella scena notturna, quel ritorno sul passato, quelle lagrime disperate, quelle umili preghiere della donna già tanto amata, lo avevano demolito. Non poteva più resistere.
– Sia come tu vuoi – mormorò. – Io non ti posso spingere all’ultima disperazione, per quanto male tu m’abbia fatto. Resta inteso che partirai con tua figlia quando Paolo sarà trasferito. A Celanzi penso io. Va in pace.
Ella soffocò un grido di gioia.
– Grazie, Leo, grazie. Che Dio ti benedica!
Si chinò, depose un lieve bacio sulla mano che le accennava di uscire, e sparì, leggiera come un’ombra.