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Emma pure si vestiva, ma assai semplicemente.
— Signora Marta, la giostra funziona di già. Vado.
Marta, le mani piene di trine, di nastri, di biancheria da riporre, o da mettere in bucato, si fermò un momento per salutare la sua giovine amica.
— Sei molto pallida, Emma, sei molto stanca; faresti meglio a riposarti.
Emma crollò il capo.
— Non è niente. Ho questa faccia perchè sono qui così vicino a casa. Spero e temo d’incontrare qualcuno. Pensi, Marta, cinque mesi che non so nulla di nessuno!
— Povera figliuola, capisco. Ma il signor Mandelli ti ha scritto una volta?
— Un’unica volta in principio. Povero babbo, ho paura che sia ammalato! Era così triste quella sua lettera. Si ricorda, Marta? Per poco non mi fece tornare a casa!
— Sarebbe stato meglio! — si lasciò sfuggire la viennese. Poi soggiunse, ripigliandosi: — Questa vitaccia non è per te.
— Oh! non dica questo! — sospirò Emma.
— Lasciami dire, anzi. Non l’ho mai amata neppure per me questa vita. La tolleravo quando si guadagnava molto denaro, per Ninì. Adesso non ne posso più. E vedere la mia creatura... oh! nessuno sa quello che soffro. Con Gioachino non ne parlo neppure. Non capisce niente.