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da vuotare su questo proposito. Quante gliene aveva fatte passare quel benedetto uomo! E ancora adesso, vecchio oramai, non voleva smettere di correre la cavallina. Ma che poteva ella farci?... Bisognava mantenere il buon accordo, soprattutto per amore della Palmira, che si doveva collocare onestamente. E la povera donna non finiva più di lamentarsi, in modo speciale, per alcune operaie, petulanti sfacciate, che la guardavano — diceva lei — con un fare canzonatorio, perchè il padrone faceva lo scimunito presso di loro. Vi era poi una certa bionda.... un vero diavolo!....

La signora Cleofe, che aveva fatto tutta la vita il comodo suo, e si sentiva sempre giovine e in vena, considerava la faccia scura ed ossuta, il corpo disfatto della sua nuova amica, e comprendeva perfettamente tutto lo stato dalla famiglia. Ma era troppo avveduta per lasciarsi scorgere. Sapeva prima di tutto che le donne offese, avvilite nella loro femminilità, non perdonano alle trionfatrici. Epperò, con sospiretti e mezze parole, ella si studiò di lasciare intendere che per lei pure il matrimonio era stato la solita croce. Non solo le era toccato rimanere sempre lì in quell’eremo, condannata ad una inoperosità snervante per il suo temperamento in mezzo a mille fastidi; pazienza! se almeno suo marito non l’avesse trascurata, e non fosse sempre stato quell’originale scontroso che, del resto, tutti conoscevano. La si-