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— Via, babbo, sii buono, fa questo sacrifizio. Le due zie se ne sono già andate incaricandomi di salutarti per loro...
— Benissimo!... Hanno avuto giudizio.
— Già... Io le ho lasciate fare. Ma coi Brussieri è tutt’altra cosa.
— Li detesto.
— Capisco. Però, la guantaia è una buona donna.
— Sarà. Ma io li detesto tutti. Ci voleva quella stupida di mia figlia... quella pazza di sua madre...
— Mamma non c’entra, credi. Sarebbe stata felice di mettere Celanzi al posto del Brussieri. Ma l’Annetta... sai bene!
— So, so. Un capriccio da isterica.
— Amore, babbo...
— Sì, amore...
— Dunque tu vieni, eh?.... Chiudi il pianoforte; io ti precedo... Vieni proprio, eh?
— Subito.
Emma scese di corsa per la scala interna.
Era quasi buio.
Aveva fatto appena metà della scala, allorchè si sentì afferrare alle spalle e abbracciare strettamente. Mandò un urlo.
— Ehi signorina! Come grida! Di che ha paura?... Sono io, Paolo, il suo futuro fratello — s’affrettò a dire Paolo con voce soffocata e molto confuso.
— Mi meraviglio, signore...