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staccò dagli amici e cominciò il suo giro cercando di non dimenticare nessuna, facendo inchini e complimenti, ricevendo sorrisi e congratulazioni, e qualche gentile stretta di mano.

— Che uomo amabile, — dicevano sul suo passaggio; — che gentiluomo!

La Clelia Bellieri, quella figura lunga, secca, di declamatrice sfiatata, che era venuta con tutta la sua famiglia, lo accolse raggiante di tenerezza e lo indicò al giovinetto suo figlio (che aveva condotto là apposta) quale rarissimo esempio di virtù civile e di grandezza d’animo, in questi tempi perversi.

Anche la silenziosa Ersilia tubò un complimento. Ma Pietro Bellieri disse pateticamente:

— Io non parlo, caro Banchiere, la mia eloquenza è troppo povera: ma sottoscrivo pienamente le opinioni del mio angelo fatto donna, della mia Clelia.

Alcune amiche di Edvige intanto pensavano che ella era la più fortunata fra le donne, poichè era la moglie di un uomo simile, e, proprio, proprio, non lo meritava.

In certi gruppi la maldicenza aguzzava le sue forbici.

— Che cosa aveva fatto quella donna per essere così fortunata? domandava con voce lamentosa, una signora molto distinta, molto elegante, la quale, avendo avuto una fistola a un occhio, pareva sempre sul punto di intenerirsi.

— Molte cose che noi non ci permetteremo mai! disse una bella bionda, che non aveva dimenticato l’avvocatino Anselmi,

— Perchè noi siamo donne per bene, susurrava