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nell’ingranaggio 243

soli si spiegò meglio: non era bene che quelle contesse di princisbecco sapessero che lei era figliuola del portaceste: glie l’avrebbero rinfacciato.

Lui non voleva farle del male, specialmente adesso che si era risoluta a seguire i savi consigli di lui, suo padre, mettendosi a recitare. Lui voleva che diventasse una signora, sicuro che poi si sarebbe ricordata anche del suo povero vecchio, il quale era contento di servirla. Appunto le portava una lettera che certo le avrebbe fatto piacere: era del signor Villa del Ferro.

Gilda lesse con premura quello che le scriveva il celebre attore.

Eran pochi versi. Egli le diceva laconicamente che poteva passare una di quelle mattine a mezzogiorno al camerino del teatro Fossati, dove la compagnia recitava in quella stagione, per intendersi sull’affare che la riguardava.

— Ti accetta, sta tranquilla — disse Pietro Mauri mentre sua figlia ripiegava il biglietto in silenzio: — gli hanno detto che sei bella e tutti parlavano di te jeri sera: ti ha raccomandata il marchese Villanti, figurati! Non ti darà molto da principio, ma poi, se saprai fare, avrai una discreta posizione. Quanto al tuo banchiere... mi pare uno spilorcio. Non poteva ammobiliartelo, lui, un quartierino a modo... invece di metterti qua?

Un gesto impaziente di Gilda gli troncò la parola.

— Psss! non andare in collera, via! Cosa devo dire al signor Villa del Ferro?

— Che mi presenterò domani.

— Va bene.... E adesso, se credi di darmi qual-