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andarsene. La Enrichetta Ramelli-Cantonieri aveva a casa una seconda bambina con la tosse; la Delfinoni una visita; la Giannelli tanti impegni. Si congedarono in fretta: la Giannelli con uno scherzo e una delle sue risate, le altre più corrette, più contenute.

Rimasta sola, Gilda si spogliò lentamente del suo costume da marinaro che le pareva così difficile a portare.

Poi si vesti in fretta, chè l’aria dell’esiguo camerino, senza finestre, illuminato da due candele, diveniva irrespirabile.

Quando usci nel corridojo bujo non sapeva da che parte prendere. La guidarono la voce di alcuni artisti che fumavano nell’atrio. Ma al passaggio dovette arrestarsi: Gardini, Rodio, il vecchio Milesi che guardava traverso gli occhiali, con la sua faccia comica e buona, Clelio Arrisi, col suo pince-nez piantato sul naso, le sbarrarono il passo. Gli altri se ne erano andati con le altre artiste, o soli. Ma l’Arrisi non poteva rinunziare alla curiosità di vedere Gilda Mauri, e lui aveva trattenuti gli altri tre.

Le fecero dei complimenti molto corretti, molto rispettosi, poichè la sua bellezza ispirava il rispetto e la invitarono a prendere qualche cosa al caffè; ciò che Gilda rifiutò naturalmente. Parlarono del teatro, e tutti insieme entrarono nella platea perchè ella ne vedesse meglio tutti i particolari e apprezzasse l’ingegno dell’architetto, il quale aveva fatto un miracolo, proprio un vero miracolo, come diceva l’Arrisi.

— E che storia, in così pochi anni! — esclamava egli animandosi. — Vede, questo teatro è