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nell’ingranaggio 45


stata sempre povera senza inquietarsene e aveva speso tante volte, in una serata, il guadagno di una settimana, appena si trovò nell’agiatezza fu colpita dallo spavento di tornar miserabile, e quindi a poco a poco da una morbosa avarizia che le vietava di mangiare, e la faceva stare a letto tutto il giorno per non consumare i vestiti.

Preso di pietà per la giovinetta intelligente che mostrava buone attitudini artistiche, il generoso signore volle sottrarla allo spettacolo di una simile agonia.

Così Edvige fu messa in collegio, e quivi educata insieme alle figliuole dei ricchi. Aveva sedici anni allorchè una bella signora andò a prenderla per condurla al capezzale del suo benefattore. E alcuni giorni dopo, alla lettura del testamento, si trovò in possesso di un discreto capitale che doveva esserle consegnato quando compiva i vent’anni, o prima se prendeva marito — purchè si conducesse bene.

Inoltre il vecchio la raccomandava a sua figlia, la marchesa Adelaide Barazzini, che se la prese in casa. Ma in quel tempo, il giovane avvocato Anselmi, appassionato dilettante di musica, era l’amico intimo della Marchesa. Edvige si lasciò vincere dalle sue assiduità e in un momento di debolezza, trascinata da un indole irrefrenabile, dimenticò il suo interesse e fuggì con lui, prima di aver compiti i venti anni. La dote andò in fumo; la marchesa Barazzini, e con essa tutti i parenti ed eredi del morto benefattore rinnegarono l’ingrata. L’ingrata crollò le spalle. Aveva ereditata tutta l’audacia e lo spirito d’avventura dei suoi parenti paterni, antichi zingari; tutta la