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studiava pittura passava il tempo, troppo lungo, con una modellina bionda...

Una sera, mentre usciva di casa mia, col cuore ebbro d’amore e il cervello pieno di fantasie celestiali — come diceva lui — due manigoldi l’assalirono, intimandogli di sposare In loro sorella disonorata, altrimenti... gli avrebbero messo «i busecch al coll». Ed erano faccie da tener la promessa.

Lui ebbe paura... miserabile paura!

Un vigliacco, in fondo. Non sarei stata felice, no, neppure con lui.

Meglio Antonio; almeno è un gentiluomo! Antonio sarebbe morto piuttosto che avvilirsi a quel punto. Povero uomo! Se fossi come lui, se potessi sprofondarmi nell’egoismo senile, contenta di vegetare tranquillamente, ci si potrebbe ancora intendere. Ma non è possibile. Questi ventitré anni che corrono tra lui e me ci hanno separati tutta la vita; e io non potrò varcarli mai tutti di un colpo!

È desolante. Viviamo insieme e non siamo che due solitari che s’incontrano a ore fisse, senza uscire dalla reciproca solitudine. Colui che riempiva talvolta l’immenso vuoto ha altro da fare ora!

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3 Gennaio 1881.

Abbiamo cominciato l’anno insieme nella villa di Sofia, sul lago. Una bella villa. Abbiamo avuto un tempo incantevole, una giornata primaverile, senza quel non so che di snervante per cui non ho mai amata la primavera. Il bel sole invernale dorava i monti; e l’acqua azzurra e tersa prendeva dei toni caldi, dei riflessi di porpora.