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— Di chi parli? — domandò sbalordita.
— Del cavalier Faustino Belli, di colui che vi ha tutti commossi con le sue belle parole, e più ancora colla musica della sua voce. Guardalo in questo momento di noia e di tedio. Vedi come sono cattivi i suoi occhi?
— Mi pare sconvolto — mormorò Maria, sconvolta ella stessa.
— Ah! si è accorto che tu lo guardavi e l’espressione è mutata. Non guardarlo più!... Andiamo. È finito. Povero babbo mio, come piange. E colui lo consola... è orribile!...
Ella singhiozzova.
— Orribile, sì, la morte è orribile. Povera nonnina, non la vedremo più...
— E ancora più orribile la vita — sentenziò Antonietta cessando dal piangere. — Vieni, andiamo via.
— Tu resti a Milano questa sera? — domandò Maria alla cugina.
— Sì, la mamma ha detto alla zia di lasciarmi qui alcuni giorni... Io ne farei a meno.
Maria la guardò rattristata.
— Ti dispiace di restare alcuni giorni in casa tua; e non è certo per la tristezza di questo momento.
— No, certo. Cosa vuoi, sono vecchia a venti anni. Non mi piace rompere le abitudini. E poi i miei zii ritornano a Pavia domani mattina e io so che non si troveranno bene senza di me,