Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/284

Da Wikisource.

— 286 —

tille spaziavano pel cielo e sulla terra, tra i sepolcri, quasi interrogando le vive e le morte cose.

Speranza folle, divinatrice intuizione, vittoria santa o eroica sconfìtta, qualunque dovesse essere l’esito definitivo della suprema battaglia, se essa avveniva mentre egli era ancora presente sulla terra, voleva battersi nelle prime file. E se la grande battaglia era ancora lontana, egli voleva essere tra quelli che la preparavano. O se, per una fortunata combinazione di cause, l’evoluzione si doveva compiere senza martiri e senza vendette, egli voleva dare tutta la propria energia per affrettare quella evoluzione.

Non aveva più incertezze, nè dubbi. Il suo breve cammino sulla terra era tracciato sicuramente, come la eterna via luminosa dal grande astro lassù.

Si mosse. Entrò sotto la vòlta del Famedio, girò tutto intorno, guardando i busti degli illustri cittadini ivi raccolti; e la grande eccitazione dell’animo gli faceva pensare che egli pure potrebbe essere un giorno tra quei grandi.

Discese la gradinata, ritornò alla tomba di sua madre per darle un ultimo saluto. Poi si incamminò verso l’uscita. Non gli pareva quasi più di essere il medesimo uomo che era entrato in quel recinto qualche ora prima. Non aveva più dolori suoi personali, nè gioie: ma una gran fiamma d’amore e d’entusiasmo gli scaldava il petto.