Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/63

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Ora finalmente l’occasione di vendere tutta quella roba si presentava; e Leonardo capiva di non poter rifiutare quell’offerta, per meschinissima che fosse. La moglie, i figli, i parenti e lo stesso Faustino Belli, l’amico diletto, lo spingevano ad accettarla. Quel denaro avrebbe servito a saldare qualche debito, a ripigliare fiato. Soprattutto urgeva di pagare gl’interessi arretrati di sessantaduemila lire ipotecate sulla casa, perchè il creditore minacciava di far causa e mandare la casa all’asta; poi c’era qualche altro debito, non grosso ma seccante, col droghiere, col macellaio, col sarto, col farmacista, e due o tremila lire in cambiali.

Una volta rimaste libere le sei stanze, la famiglia poteva ritirarsi lassù e affittare l’appartamento del primo piano, che era doppio e poteva rendere millecinquecento lire e anche più. Riccardo batteva il chiodo, e Leonardo si sarebbe rassegnato anche a quel sacrificio, ma sua moglie strillava e l’Eugenia pestava i piedi.

— Tu dovresti importi — gli diceva il cavalier Belli, il quale desiderava ora vivamente che l’amico aggiustasse i propri affari, temendo forse per sè medesimo il contraccolpo d’una catastrofe. Nel tempo stesso però, l’amabile uomo diceva alle due signore di non inquietarsi, che Leonardo non sarebbe mai capace di scontentarle.

„— Impormi! — pensava Leonardo — sicu-