Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/117

Da Wikisource.

i - rime d'amore 111


CCV

Sullo stesso argomento.

     Quel disir, che fu giá caldo ed ardente
a bellezza seguir fugace e frale,
l’alta mercé di Dio, prese ha giá l’ale,
ed è rivolto a piú fido oriente,
     seguendo del mio conte solamente
quella interna bellezza e senza eguale,
che con fortuna non scende e non sale,
e del tempo e d’altrui cura niente.
     Da qui indietro il suo sommo valore,
la cortesia e ’l saggio alto intelletto,
d’alte opre vago e di perpetuo onore,
     saran piú degna fiamma del mio petto,
e piú degno ricetto del mio core,
e de le rime mie piú degno oggetto.


CCVI

Sullo stesso argomento.

     Canta tu, musa mia, non piú quel volto,
non piú quegli occhi e quell’alme bellezze,
che ’l senso mal accorto par che prezze,
in quest’ombre terrene impresso e involto;
     ma l’alto senno in saggio petto accolto,
mille tesori e mille altre vaghezze
del conte mio, e tante sue grandezze,
ond’oggi il pregio a tutti gli altri ha tolto.
     Or sará il tuo Castalio e ’l tuo Parnaso
non fumo ed ombra, ma leggiadra schiera
di virtú vere, chiuse in nobil vaso.
     Quest’è via da salir a gloria vera,
questo può farti da l’orto a l’occaso
e di verace onor chiara ed altera.