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278 veronica franco

     28Somma felicitá de la mia vita
sarebbe, in questo stato, che teneste
da nuocermi la mente disunita;
     31ma, s’a l’opere mie ben attendeste,
cosi precipitosa ne lo sdegno
a ciascun passo meco non sareste.
     34L’ira è bensí de Tatfezzion segno,
ma che attende a introdur nel nostro petto,
quanto può, l’odio con acuto ingegno;
     37cosi ’l languir, giacendo infermo in letto,
segno è di vita, perché Tuoni, ch’è morto,
cosa alcuna patir non può in effetto:
     40ben per l’infermitá vien altri scorto
a morir, e, quant’è piú’l mal possente,
al fin s’affretta in termine piú corto.
     43Del vostro sdegno subito ed ardente.
s’è in voi punto ver’ me d’amore, attendo
che siano tutte le reliquie spente.
     46E per questo talvolta anch’io m’accendo,
e non per ira, ma per dolor molto
batto le man, vocifero e contendo:
     49vedermi del mio amor il premio tolto,
né questo pur, ma in altretanta pena
vederlomi in su gli occhi (oimè!) rivolto,
     52per disperazion questo mi mena
a quel che piú mi spiace; e pur l’eleggo,
poi che’l preciso danno assai s’affrena.
     55Con la necessitá mi volgo e reggo,
dappoi che la ruina manifesta
de le speranze mie tutte preveggo;
     58ma non perciò nel cor sempre mi resta
di piacervi talento e di servirvi,
anzi in me piú tal brama ognor si desta.
     61La mia ragion verrei talvolta a dirvi,
ma, perché so che romor ne sarebbe,
col silenzio m’ingegno d’obedirvi.