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i - terze rime 337

XXV

Della signora Veronica Franca

In lode di Fumane, luogo dell’illustrissimo signor conte Marcantonio della Torre, preposto di Verona.

     Non vorrei da l’un canto esser mai stata
a quel bel loco, per dover partire,
come fei, non ben quivi anco arrivata.
     4Cosi gravoso il ben suol divenire,
che, quant’egli è maggior, via maggior duolo
col dilungarsi in noi suol partorire:
     7tosto ne va ’l piacer trascorso a volo;
né ponendo in ragion l’util passato,
a la perdita mesti attendem solo,
     10E non vorrei però da l’altro lato
si vago nido non aver veduto,
a la tranquillitá soave e grato.
     13E, se pari al desio non l’ho goduto,
quanto gustato piú, tanto piú caro,
il lasciarlo mi fora dispiaciuto.
     16E pur, formando un pensier dolce amaro,
con la memoria a quei diletti torno,
che infiniti a me quivi si mostráro:
     19sempre davanti gli occhi ho ’l bel soggiorno,
da cui lontan col corpo, con la mente,
senza da me partirlo unqua, soggiorno:
     22ricrear tutta in me l’alma si sente,
mentre qua giú si lieto paradiso
da dover contemplar le sta presente.
     25Da questo lo mio spirto non diviso
va ripetendo le bellezze eterne,
dal soverchio piacer vinto e conquiso.
G. Stampa e V. Franco, Rime. 22