Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/162

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tà di conoscere: come, per esempio, Max Kindler e il signor Pearly accogliessero quella sventura o fin dove la conoscessero.

— Ahimè! sanno tutto, purtroppo! — narrò la madre. — Max soffre come se davvero perdesse una moglie, ma infine, in avvenire, si consolerà. Non così il mio povero marito. Susanna era il suo orgoglio! E non può rassegnarsi a perderla e sempre s’illude, come voi signore, che la giovinezza di Susanna trionferà. Ahimè! quando viene a vederla, e ci viene ogni domenica, io leggo nel suo viso che la speranza cade!

— Infine, ammetterete che se i medici non trovano nessun organo compromesso nell’ammalata, non è detto che ogni speranza debba essere perduta.

— Occorrerebbe un miracolo.

— La scienza ne fa.

— Vi ringrazio, signore, per la vostra intenzione di darmi conforto, ma io preferisco guardare in faccia la realtà. Susanna è troppo distrutta. Non la riconoscereste più. E tutte le sue forze se ne vanno. Stamane è rimasta svenuta per quasi un’ora.

Un brivido nelle vene di Noris.

— E se ne è accorta? — egli domandò.

— Sì, — rispose Nadina per la madre che aveva ripreso a singhiozzare sommessa.... Di tutto si accorge, anche della gravità del suo stato.

— E si rassegna?

— Ah, io non so comprenderla non soltanto si rassegna, ma pare felice.

— Forse soffre e desidera soltanto che le sue sofferenze cessino....

— Io non so: è sempre stata così, fin dal principio del suo male.... L’altro giorno mi diceva: Povera Nadina, dopo sarai sola! possa tu essere felice, felice.... come me! Pareva avesse il delirio. Sorrideva.... e perchè io la guardavo spaventata, riprese: Sì, perchè non credi che io possa essere felice? perchè sto per morire? ebbene? non dobbiamo tutti morire un poco prima, un poco dopo? e non fa lo stesso andarsene oggi