Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/186

Da Wikisource.

— 180 —


— Laggiù potreste recarvi voi, — ribattè Ugo in tono aggressivo.

Calma e tranquilla, Minerva osservò:

— Ci sarò certo se Noris non mi vorrà proprio con sè.

Un’altra volta, lo sguardo di Tripoletta, intenso di rancore e di gelosia, l’avvolse.

La guerra era ormai dichiarata fra i tre giovani amici di Noris, mossi ciascheduno da un sentimento diverso, uniti tutti e tre in un identico scopo, quello di riuscire a essere il più vicino dei tre all’aviatore illustre.

— La più vicina alla sua gloria, — sognava Minerva Fabbri.

— Il più vicino al suo posto, — ambiva Ugo.

— La più addentro nel suo cuore, — sospirava Tripoletta, senza neppure avvedersi del magnifico, incessante atto di dedizione ch’era ogni moto della sua vita.

Fra quella triplice ammirazione così diversa, Noris passava chiuso ed inaccessibile. Più inaccessibile e più chiuso dacchè si accingeva alla prova suprema tanto sognata, perseguita con così lunghi sforzi e vicina finalmente a tradursi in realtà.

Adesso, dacchè era tornato dal suo viaggio, egli passava le giornate chiuso nella sua officina in una solitudine ancora più assoluta e più selvaggia che il lavoro riempiva e che soltanto pochi intimissimi, oltre Dauro, avevano il permesso di violare.

Per l’allieva che aveva le sue libere entrate all’aereodromo, Noris non si scomodava nemmeno più. Se era intento a lavorare quand’ella arrivava, le faceva dire semplicemente che volesse scusarlo e accomodarsi su dove c’erano sempre Ugo e Tripoletta.

Non sempre la Fabbri accettava l’invito. Ella preferiva recarsi nell’hangar, accanto all’officina, e assistere alle cure incessanti dei meccanici di Noris intorno ai velivoli dell’aviatore. E anche i meccanici la consideravano ormai un collega — più importante e soprattutto