Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/241

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Sento che questa vita d’ozio assoluto mi snerva e mi rende peggiore. Se la vostra partenza fosse imminente, vi aspetterei. Ma la vostra decisione è subordinata all’arrivo di Dauro e io non posso continuare per tanto tempo ancora questa vita faticosa e vuota.

Aveva parlato con tanta semplice disinvoltura che Ettore Noris non pensò menomamente a mettere in dubbio le sue parole.

— Pazienza! — egli disse, — non posso darvi torto e nemmeno costringervi; posso soltanto invidiarvi, questo sì. E rimpiangervi già fin d’ora, anche questo. Mi mancherà moltissimo, cara amica!

Minerva sorrise.

— Meno di quello che credete adesso. Si stava così poco insieme! Voi eravate tutto preso dalle feste che vi fanno.

— Ma alle quali eravate sempre invitata, anche voi. E quando voi accettavate le feste mi parevano più belle. Voi non lo sapete, ma io cercavo spesso tra la folla di visi ignoti il vostro viso. E il pensiero di non essere completamente in mezzo ad estranei, mi dava una piccola impressione di gioia.

— Grazie per queste parole, caro amico.

Non potè dire altro, Minerva Fabbri. Le parole di Ettore Noris, inattese e dolcissime, avevano acquistato, attraverso le specialissime disposizioni del suo spirito, un valore infinitamente più profondo di quello determinato dal loro semplice significato ed ella temeva che l’aviatore rilevasse l’impressione che improvvisamente l’aveva turbata.

Gli stese la mano.

— Uscite ancora? — le domandò Ettore.

— Sì: debbo fare qualche acquisto e non so se riuscirei a trovare il tempo più tardi.

— Vediamo, — egli disse ancora, — avete già impegnata la vostra serata?

— No: perchè?

Giocondamente egli rispose:

— Benissimo; allora vi sequestro io per stasera,