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i fuochi di barigazzo 311

dire che le salse di Pujanello abbiano fatto mostra più volte di quel loro talento, che loro valse, come io credo, il nome di bombe. Ma di salse ne abbiamo ormai pigliata una satolla a Nirano e a Sassuolo. Mi guarderò bene adunque di parlarvi della Amaina, della Bombetta di Pisa, altre salse che stanno li presso; nè delle salse o delle acque salate, solforose, ferruginose, acidule, di Montombraro, Giulia, Gainazzo, Pavullo, Montalbano, Montecorone, Montefeltro, Renno, Lunato, Montefiorino, ecc., ecc. Vogliamo ad ogni costo essere a Barigazzo, per vedervi una buona volta i celebri fuochi».

Il mio uditorio, che cominciava a distrarsi, perchè annojato dalla ripetizione di cose già udite, a questo punto diede segni manifesti di attenzione.

2. «Barigazzo è molto in su, vedete; proprio nel cuore del l’Apennino, dove la salita comincia a farsi più erta, per guadagnarne la sommità. È un povero villaggio che sfuggirebbe alle indagini del più accurato geografo, se i suoi fuochi non lo raccomandassero alla memoria degli studiosi. Vi giunsi sul far della sera, e seguendo le indicazioni che avevo raccolte lungo la via, prima d’entrare nel villaggio piegai a destra, verso la china del monte, cercando, su per un angusto sentiero, la Casa dell’inferno. Quando aspettavo di vedermi venire incontro i diavoli protettori del luogo, non iscorsi che una misera stamberga deserta e pacifica. Ma alle nari sentii ventarmi un certo odore di arsiccio, entro il quale parvemi distinguere l’odor del petrolio. Allo svolto di quella casa eccomi d’un tratto l’inferno spalancato sotto gli occhi. Da una rupe ignuda, rossiccia e fessa in più luoghi, erompe stridendo una fiamma che da secoli e secoli chiama a sè l’attonito sguardo di chi viaggia la notte in grembo al selvaggio Apennino».

«Era molto alta quella fiamma?» domandò la Giannina.

«Ti dirò.... la mia imaginazione rimase in parte delusa. Aveva qualche cosa di molto poetico l’imaginare una fiamma perenne che arde dal seno di uno scoglio come dal becco di una ciclopica lucerna. Invece tutt’altro. Dicesi che una volta le fiamme errassero sparse su largo spazio, lambendo, come fantasmi, le rupi. Ma venne in mente a non so chi di utilizzare quel fuoco. A furia di terra, ostruendo tutti i meati all’ingiro, si costrinse il gas a concentrarsi entro una cerchia più angusta, ove guadagnasse in intensità quanto perdeva d’estensione. Intorno alla fiamma si eresse una rozza muraglia circolare, una specie di torre sciancata, che si chiamò fornace».