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quand’ero come voi. Si prende una candela di sevo, per esempio; quando la moccolaja è sviluppata a dovere, con un soffio la si spegne. Dalla moccolaja, che arde ancora ridotta in bragia, si leva oscillando quel getto di fumo bianco, che spande un odore così nauseabondo. Or bene, se non avete fatto cotesto giochetto, lo farete adesso. Appena spento il lume, appressate uno zolfino, o un’altra candela accesa, a quel fumo, cogliendolo alla distanza di due, di tre, di quattro dita, dalla sommità della moccolaja. Vedrete allora una fiammella che, staccandosi dal lume acceso, ratta discende come piccolo fulmine, serpeggiando lungo il getto di fumo, e riaccende il lume spento. Quel fumo, così puzzolento non è altro, in sostanza, che gas idrogeno carburato, che si accende, al contatto della fiamma; e la fiamma propagandosi dall’una all’altra estremità del getto, crea codesta illusione ottica di un fuoco che serpeggia e cammina».

Qui naturalmente ci fu un po’ di parapiglia, e si vollero accendere non so quante candele; chè i non esperti volevano imparare ad eseguire l’esperimento, e gli esperti erano gloriosi di farsene maestri. Io volevo approfittare di quel momento di distrazione, per dichiarare finita la conversazione, e già mi avviavo in cerca del mio cappello; quando la Giannina, accortasene, mi corse dietro gridando: «E i fuochi della Porretta?» sicchè i ragazzi mi si fecero tutti di nuovo dattorno.

«Veramente», risposi, «non c’è in essi nulla di nuovo: ma pure non voglio lasciare insoddisfatta la vostra curiosità.

8. » La Porretta è un grosso borgo, una cittadella, posta quasi alla sommità del giogo dell’Apennino, attraversato adesso dalla ferrovia che va da Bologna a Pistoja, rimontando la valle del Reno. È un luogo celebre per la copia delle sorgenti medicinali, colle quali i non meno celebri fuochi hanno un’attinenza immediata. Come è pittoresco quel luogo! Il paese è cacciato, direbbesi in castrato nell’apertura d’una gola, da cui esce il Rio, un torrentaccio che confluisce al Reno sulla sinistra. Dietro il paese quella gola si restringe, e non è più che un’orrida spaccatura in una muraglia di rupi ignude che si rizzano verticalmente. La porzione di questa muraglia che fiancheggia la sinistra del Rio si chiama il Sasso Cardo. È infatti un nudo macigno, che si solleva a perpendicolo all’altezza di forse un centinajo di metri. Dal suo piede scaturiscono le famose sorgenti, e sulla sua fronte spicca, a guisa di un pennacchio di fuoco, il Vulcanello, cioè una fiamma perenne, dell’altezza di un piede, che sgorga da una fes-