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la ritirata 465

lizza.... Via; è impossibile. Bisognava rinunciare ad un’impresa tanto vagheggiata, e, non potendo salire la vetta, discendere al più presto, per far cessare quello dei supplizî che era il più stringente; il freddo».

15. «Non potevate» domandò il Giovannino, quasi in atto di rimprovero «portarvi ugualmente sulla cima? Non vi mancavano all’incirca che 350 metri di salita».

«Perchè ci saremmo saliti, se nulla alla lettera ci si poteva vedere?».

«Almeno per poter dire»: soggiunse Giovannino, «io sono stato sulla cima dell’Etna».

«A codesta vanagloria preferisco un po’ di ragionevolezza. Le cose inutili è ragionevole non farle. Del resto non hai inteso abbastanza in che condizioni noi ci trovavamo, con quella nebbia così fitta, senza traccia di sentiero, sopra un suolo tutto di color nero uniforme. Il salire sarebbe stata una cosa non soltanto inutile, ma pericolosa e temeraria. Eccotene tosto una prova. A pochi passi dalla Casa degl’Inglesi esisteva allora, e forse esiste ancora, una fumajola. Due dei compagni, per vedere pur qualche cosa, si allontanarono alquanto per rintracciarla. Pochi passi, vi dico; ma bastò perchè si avvedessero ben tosto della loro imprudenza. Perduta, come si dice, la tramontana, non trovando più la Casa degl’Inglesi, e temendo col cercarla in quel bujo di allontanarsene ancor più, si erano già rassegnati ad aspettare che la nebbia si diradasse, o che a loro si appressasse per caso alcuno dei compagni. Per buona sorte furono presto scoperti da una delle guide, che poteva, naturalmente, per la pratica dei luoghi, arrischiarsi anche un pochino lontano. Insomma non si poteva pensare che a discendere, e una volta decisi, facendo di necessità virtù, ci avviammo quanto si poteva allegramente quasi a passo di corsa, non pensando ad altro che ad uscir fuori da quella nebbia, e a liberarci dal freddo. Infatti.... (pareva cosa incredibile, od inventata per farci arrabbiare) dopo qualche minuto di discesa la nebbia si era fatta trasparente, e pochi passi più in giù, eccoci sotto un cielo sereno, in faccia a un sole fiammante. Ma il cono dell’Etna era là col suo folto cappuccio calato sugli occhi, che sembrava dirci: — nè sopra, nè sotto, voi non mi vedrete. — Unico compenso a così gran disdetta era il sentirci, dopo tanto freddo, immergere quasi in un bagno di acqua tepida; era lo spettacolo della valle del Bove che potemmo misurare dal l’alto, prima di percorrerla dal basso; era ancora una volta lo spet-