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salitore, e peggio de’ sottostanti che tentarono di seguirlo. Parve migliore, anzi unico partito, attraversare la frana, e seguire come meglio si poteva quell’acuta lama di scoglio che fiancheggiava la vedretta. Quì un nuovo genere di difficoltà; la fatica dell’aggrapparsi mani e piedi, imposta dalla forma di quella rupe scoscesa e dentata, si raddoppiò per la natura mineralogica della roccia di cui era composta. Constava di uno schisto talcoso, cioè di una roccia fogliettata, composta in massima parte di talco, minerale assai molle, liscio, lucente, sdrucciolevole, untuoso al tatto come fosse sapone. Infatti quella varietà di schisto è detto steatite dai mineralogisti, (stear in greco vuol dir lardo) e nel commercio pietra saponaria. Afferravi con una mano una scheggia sporgente, e dessa si staccava; ti appuntavi con un piede, e ti sfuggiva come l’avessi posto sul ghiaccio. Infine fu un lavoro di mani, di piedi, di ginocchia, di petto, un vero appiccicarsi corpo a corpo alla roccia, quale non m’era mai toccato in vita mia giammai. Ecco, diceva tra me, ecco il bell’imbroglio in che ci saremmo trovati jeri, quando ci fossimo ostinati a discendere da questa dopo che avessimo raggiunta la vetta dall’opposta parte. Era egli possibile infatti, con un vento impetuoso, in mezzo a turbini di neve, che tutti avrebbe ricoperti quegli scogli e quelle morene, con tutta la facilità di perdere l’orizzonte, era egli possibile, ripeto, di cavarcela senza danno forse seriissimo? Credo che anche il prevosto dividesse i miei pensieri e le mie convinzioni.

10. » Finalmente lo scoglio è superato, ed eccoci sulla morena stessa che franava nel canale. È un gigantesco cumolo di massi d’ogni forma, d’ogni dimensione, fra i quali spiccano abbondantissimi i pezzi di bianchissimo marmo saccaroide. Ma non c’era tempo a badarci. Si attraversa la morena, quindi una piccola vedretta, poscia di nuovo uno scoglio assai meno difficile del primo; ed eccoci davanti il sospirato calle che ci sovrasta di poche decine di metri. Non altro ce ne divideva che una porzione d’un pendio coperto di ghiaccio granuloso. Io lo riconobbi benissimo; era il formidabile piano inclinato che l’anno precedente ci aveva intimato il ritorno. Ma esso aveva perduto ogni prestigio a petto delle difficoltà superate; d’altronde, ascendendo, non c’era più quell’effetto ottico che produce un ripido pendio misurato dall’alto. Anzi non ci parve vero di potere una volta camminar ritti sulle piante, e in fila serrata. Ricalcando l’orme l’uno dell’altro per precauzione, e salendo a larghi zig-zag per