Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
202 | CAPO XXIV. |
poscia nella fanciullezza per le selve in tutte l’arti di cacciare, saettare e cavalcare: nell’età giovanile finalmente nutrirli intra l’aratro e l’armi1. Naturali in loro cotali abiti d’aspra vita campestre e guerriera, comprende ognuno perchè adulti andavano i lavoratori all’opre sempre armati2: e in qual modo, sotto i paterni tetti, si formassero fra di noi uomini gagliardi, di fiera virtù forniti, figli in somma generosi della repubblica e buoni soldati.
Tal era il costume più generale de’ popoli delle montagne, quasi come impresso e stampato in loro dalla natura fisica. Assai diverso erasi quello degli abitatori di luoghi più domestici, e delle piagge poste alle marine. — Singolare, se non unico destino del bel paese ch’Appennin parte, il riunire in non molto spazio tanti costumi, dialetti, e fisionomie di popolo tra se notabilmente distinti. — Nelle pianure uniformi dell’Italia superiore e della Puglia tu trovi maggiore uguaglianza di carattere e di costume: in Toscana l’indole grave dell’antica famiglia etrusca: la rozza Sabina, l’inculto Sannio, nel centrale Appennino: il Ligure povero e misero come i suoi antenati, perchè il suolo ingrato può appena sostentarlo. Le forme stesse di queste razze appaiono molto diverse: gli occhi espressivi, i lineamenti fieri e fortemente pronunziati del calabrese o del sannite montanaro, non sono