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libro secondo 103

mico, ma anche ad aprirsi una via per la campagna alle provvigioni di pane e di acqua, di che pativano un grande difetto. Specialmente per la sete erano venuti all’estremo. Errico di Sassonia era colle sue schiere svegliatissimo a guardia di un rivoletto che scorreva per l’occupato sobborgo ai piedi della città, e non lasciava si accostassero gli assediati a fare acqua. Colla forza avrebbero potuto procacciarsene, ma neppur questa più valse. Le torri e le mura del sobborgo crollate avevano talmente ingombro quel rivoletto, che affogatane la fonte, non dava più acqua di sorta.

Stringeva ogni dì più la sete indomabile dal valore. Era una fonte là dove campeggiavano i Pavesi: a questi avevano dato molto da fare i Tortonesi, assalendoli con singolar foga e rabbia, perchè essendo Italiani, facevano un pessimo vedere così collegati al Tedesco. Un dì, traportati dalle furie della vendetta e dalla disperazione della sete, appuntarono ogni loro sforzo agli alloggiamenti dei Pavesi, per discacciarli, e conquistare un po’ d’acqua. Fu tale l’impeto, che ove non fosse accorso in aiuto di quelli il Marchese di Monferrato, avrebbero potuto i Tortonesi prendere il largo, accozzarsi ad altre milizie milanesi, che non avendo potuto gittarsi nella città, si tenevano speculando gli eventi dell’assedio dalle vicine terre di Luzano, Orasco e Garlimia1, e con quelle ferir le spalle ai Tedeschi. Vennero ributtati, e tornarono a tener fronte dalle mura. Intanto perchè la fonte che guardavano i Pavesi non potesse venire compra col sangue a giovamento degli assediati, Federigo comandò venisse contaminata di zolfo, bitume, e di cadaveri che vi lasciavano marcire.

Federigo maravigliava che a snidare que’ pochi Italiani, che avevano voglia di resistere, vi volesse più di quello che si pensava innanzi. Frugavalo il desiderio di porsi in capo la corona imperiale in Roma: e forse aveva divisato farlo nella festività della Pasqua. Ma i Tortonesi lo sfor-

  1. Trist. Calchi l. 8. p. 223.