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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 11

di valore si adattò bene alla fine dell’XI secolo e primi due decenni del XII al denaro pittavino, al denaro nuovo di Pavia o al denaro bruno di Milano – se ne parlerà ampiamente in questo lavoro. E tuttavia bisogna ritenere che queste stesse monete dovettero avere la funzione di monete di conto anche, ma in modo più complesso, poco più avanti nel tempo, quando è noto che il composito insieme degli scambi – composito perché da ricondurre a livelli della vita economica assai diversi tra loro – poté giovarsi di circolanti ulteriormente indeboliti nell’intrinseco, che le fonti oggetto di questo studio continuarono a ignorare.

La moneta di conto è insomma, dal punto di vista concettuale, uno strumento assai delicato, mai documentato in modo chiaro dalle fonti del periodo che qui interessa, ma di cui tenere sempre conto1, anche se, naturalmente, non è una chiave che possa aprire tutte le porte. Fatto, quest’ultimo, che vale a maggior ragione per la “legge di Gresham” – e vengo così alla seconda obiezione – che nella sua formulazione vulgata corre sulla bocca di tutti. In quest’ultima forma, «la moneta cattiva espelle la moneta buona», vale presso alcuni interpreti come fattore che determina in modo unilaterale e, per così dire, automatico un intero fascio di relazioni umane pertinenti all’ambito dell’economia. Il ricorso in chiave esplicativa a questo deus ex machina è assai rischioso. Il periodo qui studiato fu completamente estraneo al regime di cambi fissi o gridati, come li definì un economista italiano, che venne stabilito solo più tardi negli stati europei, nei quali poteva accadere che a una moneta venisse imposto un corso sopravvalutato o sottovalutato rispetto ad altre specie concorrenti, e che quindi la moneta sottovalutata venisse tesaurizzata o emigrasse lì dove veniva meglio stimata2. Insomma, quello di cui mi occuperò fu un periodo estraneo al sistema in cui agivano i meccanismi che diedero occasione alle riflessioni di Thomas Gresham e di molti altri prima e dopo di lui3. Nei secoli del cosiddetto monometallismo argenteo l’espulsione

    bisognato un maggior numero di questi gradi per valutare una costante quantità di metallo» (da P. Neri, Osservazioni sopra il prezzo legale delle monete, in Scrittori classici italiani di economia politica, Parte antica, VI, Milano 1804, pp. 155 sg., citato in L. Einaudi, Teoria della moneta immaginaria nel tempo da Carlomagno alla rivoluzione francese, in «Rivista di storia economica», 1, 1936, pp. 4 sg.).

  1. Si vedano a proposito le costanti cautele adottate nel recente J. Le Goff, Le Moyen Âge et l’argent, Paris 2010 (trad. it. Roma-Bari 2010).
  2. È appena il caso di rilevare che il concetto di corso legale di una moneta (legal tender) è assai diverso da quello di valore nominale (nominal value).
  3. Cfr. C. Crisafulli, Legge di MacLeod? Comprensione e teorizzazione della c. d. legge di Gresham, in I ritrovamenti monetali e la Legge di Gresham, Atti del III Congresso internazionale di numismatica e di storia monetaria (Padova, 28-29 ottobre 2005), a cura di M. Asolati e G. Gorini, Padova 2006 (Numismatica Patavina 8), pp. 177-192 (con molti esempi di operatività della legge di Gresham tratti da fonti tardomedievali) ma soprattutto, nello stesso volume, il luminoso saggio di R. Mundell, Uses and Abuses of Gresham’s Law in the History of Money, pp. 195-222 (distribuito in formato digitale dalla Columbia University: <http://www.columbia.edu/~ram15/grash.html>) da cui traggo la seguente citazione: «The usual expression of the law, “bad money drives aut good” is a mistake. Schumpeter refers to this common definition as “not quite correct”. But as the statement stands, it is not just “not quite correct”; it is quite false. The opposite is true!» (con quel che

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>